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Bonifati - Cittadella del Capo

Aggiornamento: 7 apr 2021

Il nome di Bonifati, secondo la tradizione, deriverebbe dal castello-fortezza "Castel Bonifati" che era l'antico feudo dei di Tarsia (1120 - 1270) e dei Palmieri. L'esatta individuazione dell'etimologia del nome, presenta difficoltà oggettive, in quanto i primi documenti certi sulla storia di Bonifati, riportano la datazione all' XI - XII sec. Riguardo alla fondazione di Bonifati, sostenuta in prevalenza dagli storici locali, si farebbe risalire alla seconda metà del VI sec. a.C. ad opera dei Focesi di Lidia che vi giunsero dall'Asia Minore, sconfitti dai Persiani. Il riferimento più significativo, a sostegno di questa interessante ipotesi, è infatti testimoniato dalla presenza di una sorgente che è situata in una vallata denominata "Fonte di Hyéle", nome di derivazione greca che avvalora le certezze circa una intensa frequentazione dei Greci su tutto il territorio di Bonifati, così come è anche testimoniato dal centro urbano di Fella, odierna Cittadella del Capo, frazione di Bonifati, la cui natura dei luoghi, molto rocciosi, trova riscontro nel nome greco Felléus (terreno pietroso). L'attuale città di Bonifati occupa una posizione privilegiata nel contesto delle località dell'alto Tirreno Cosentino.

È un'affermata località turistica, intensamente frequentata, dispone di un vasto e variegato territorio in grado di soddisfare le esigenze degli appassionati del mare che non vogliono però rinunciare alla montagna, che qui è presente nella maestosità di vette e promontori naturalistici di grande interesse, una caratteristica privilegiata che è tipica della costa calabrese, ma particolarmente accentuata in queste zone, prevalentemente montuose. Il borgo antico è adagiato all'interno, protetto dai resti del "Forte", l'antico castello, alle pendici dei primi contrafforti montani, a 430 mt sul livello del mare, tra i poggi di Monticello e di Serra, dove ha sede l'Osservatorio Metereologico dell'Aeronautica.

Cittadella del Capo, a torto ritenuta meno antica di Bonifati, in realtà è sempre esistita come propaggine meridionale di Fella (oggi Jardino). È sopravvissuto intatto, infatti, il toponimo Greco per il rione omonimo, posto a picco (109 mt s.l.m.) fra il mare ed il Fiume S. Pietro, attorno al quale sono stati effettuati gli scavi archeologici più significativi a riprova della presenza originaria (già in epoca arcaica) di una popolazione di pastori seminomadi brezio-greci. Il nucleo originario dell'abitato era quello costruito attorno alla via che partiva dalle campagne di Fella, passando per il Greco (in realtà una marineria dove risiedeva una comunità di pescatori e contadini) e che conduceva infine alla marina, sulla cui scogliera era ubicata un'altra fortezza intorno alla possente Torre Viceregnale detta, non a caso, di Fella). Soltanto nella seconda metà dell'Ottocento l'abitato si espande con la costruzione di palazzine alla marina e sulla via Nazionale e dei 3 Palazzi De Aloe. Ad inizio secolo, attorno alla neonata stazione ferroviaria, si cominciava a costruire anche a nord, dando lentamente vita al rione omonimo.

La Marineria del Greco è l'autentico centro storico del paese, dove hanno vissuto fino agli anni '60 le famiglie dei pescatori. Vi si trovano mostre, il presepe permanente, il piccolo museo contadino e la Chiesetta Madonna della Greca.

L’antico sentiero Gradini San Vincenzo era un tratto della vecchia mulattiera e sentiero pedonale che da Torrevecchia e Cirimarco portava a mare, miracolosamente intatto nella sua struttura di gradoni formati da pietre di mare sistemate sullo scoglio.

Torrevecchia è posta a 460 mt s.l.m. da cui è distante circa 5 km. L'abitato nacque nei primi anni dell'800 (almeno nella forma attuale e fatti salvi gli insediamenti arcaici, testimoniati dai ritrovamenti nella zona poco distante di San Basile) da alcune famiglie originarie di Bonifati centro,proprietarie di fattorie a Torrevecchia.

L'agricoltura e l'allevamento ovino costituivano l'attività economica centrale per tali famiglie. Le prime case costruite furono quelle dette 'innanzi 'a turra, da cui evidentemente deriva il toponimo (parliamo della Torre del Capo, costruita in forma circolare dagli Angioini nel 1300 con scopi d'avvistamento per cui popolarmente è chiamata a turra 'i guardia), distante poche diecine di metri dalle prime abitazioni di Cirimarco. Le caratteristiche di queste case erano dettate dalle esigenze antropiche primarie, per cui erano composte da unico ambiente riscaldato da un focolare che sfogava il fumo direttamente tramite il tetto, costruito con canne e ceramili (dal greco Kieramilis = tegola); a cui si accedeva tramite una scala esterna in pietra di fiume e da esso con una scala in legno si accedeva al sottotetto (un ripostiglio) attraverso 'u catarrattu che era un capace sportello in legno; sotto il suddetto locale centrale, c'era il ricovero per gli animali, abitudine ancora in uso negli anni '60, con evidenti danni derivanti da questa promiscuità. Altra peculiarità di quelle abitazioni era costituita da un ambiente seminterrato, ricavato da uno scavo di circa tre metri.

I materiali impiegati erano terra e pietra impastati. Sempre negli anni '60, esisteva una quantità di case a tre piani di 6 metri di altezza e di 16 mq. di ampiezza per ciascun locale. Torrevecchia (ma anche Timpone) ha vissuto un isolamento fino agli anni '60, tale da circoscrivere i legami parentali soltanto al 2° grado, che spiega la forte caratterizzazione somatica, tipica delle popolazioni bruzie dell'interno della Calabria.

La forte emigrazione, alla fine degli anni '60, non mutò la natura del tipico borgo rurale di Torrevecchia, nonostante il centro storico veniva abbandonato per costruire oltre la Piazza Carrera e verso Piano d'Armi. Pur aprendosi verso l'esterno, all'inizio degli anni '70 con la prima strada asfaltata, Torrevecchia conserva orgogliosamente intatta la tradizione bonifatese del dialetto, dell'organizzazione familiare e la meticolosa cura per la gastronomia tradizionale e per gli usi ludici, le ricorrenze, le celebrazioni dei riti prematrimoniali, la Tarantella e l'antichissimo Carnavaru Farsarulu.



Foto

Luana Antonucci




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